giovedì 25 febbraio 2016

Giulia

Buonasera amici di radio poggiolo, 
oggi vi porto a Parigi. Come? Vi racconterò una piccola storia seguendo il ricordo di una canzone.
Mettetevi comodi perché questo racconto sarà  lunghino.

Nel 1987 io e la mia classe, la famosa 5°A, andammo a visitare Parigi. Tappa obbligatoria per ogni Istituto d'Arte che si rispetti.
Bella gita, belle emozioni, però… non so come spiegarvi, non sono rimasto soddisfatto. Pochi giorni non erano bastati per appagare la mia curiosità e poi andare in giro con uno sciame di ragazzi che scorrazzano a destra e a manca toglie quell'intimità indispensabile per innamorarsi di una città come Parigi. 
Forse è per questo motivo che non molti mesi dopo, assieme ad un paio di amici d'infanzia, decidemmo di partire, di regalarci una piccola vacanza nella città dell'arte e dell'amore. 
Reduci tutti e tre da una gita scolastica fatta in precedenza, concordammo che la cucina francese andasse categoricamente evitata e pertanto ognuno di noi si portò dietro una valigia di cibarie tipiche italiane da gustare nella camera del nostro albergo.
Era l’autunno del 1987 e quelle maledette valige pesavano terribilmente, soprattutto a causa delle numerose bottiglie da 1,5 lt della esclusivissima e tipicissima bibita nazionale "La Coca-Cola", senza contare poi salamini e formaggi vari. 
Avete presente il film Totò, Peppino e la malafemmina? Ecco ci siamo andati molto vicino. Quante cose strane si fanno da ragazzi ... eppure all'apparenza sembravamo tre tipi intelligenti. 
Che brutta sensazione scoprire che anche in Francia esistevano i supermercati e i prezzi poi non erano tanto diversi dai nostri. Che amarezza! Ok, detto questo… i giorni a Parigi trascorsero sereni, visitammo tutto ciò che ci pareva, senza nessuno che ci dicesse dove andare e quando tornare. 
I nostri discorsi erano sempre i soliti: si parlava di calcio, di scuola e di ragazze.
Già " le ragazze"; chi non ha mai sognato d'innamorarsi a Parigi, non esiste posto più adatto per questo. Incontrare una bella ragazzina francese dai capelli lunghissimi, biondi e lisci come seta … come si vedeva in TV. 
Però purtroppo, era più facile trovare 100 franchi in terra che un sorriso di una francese.
Ostili e antipatiche come la portinaia della nostra pensione.
-Italiani pecorari- diceva sempre la mattina a colazione infastidita dal rumore che i nostri scarponi facevano lungo il corridoio.
Non era colpa nostra se quella topaia era ancora di legno come le stalle del ‘500.
-Pecorari sarete voi signora; fuori da Parigi non si vedono che pecore e mucche! - rispose un mio amico una mattina.
Insomma, tra una Metro e l’altra, arrivammo all'ultimo pomeriggio, il giorno dopo saremmo ripartiti verso la nostra piccola e triste cittadina italiana.
Girammo per le vie di Pigalle con passo lento e svogliato, quasi a voler combattere il tempo e poi sconfitti, ci dirigemmo verso la "racchia" ehm, la vecchia ... insomma verso la Pensione. 
Il vagone della metro era quasi vuoto, c’erano solo alcune ragazze sghignazzanti nel lato opposto al nostro. Confabulavano tra loro ma non riuscivamo a capire bene cosa stessero dicendo e soprattutto in che lingua. Ogni tanto una di loro si girava verso di noi con uno strano sorriso per poi continuare nel loro bisbiglio.
- Guarda, guarda, guarda ... ce l'hanno con noi, chissà che dicono -
- Andiamo a conoscerle! -
- Vai avanti tu! -
. Perché non vai tu che alle superiori avevi 8 in francese? Io avevo -2 alle medie, e alle superiori ho ripassato il dialetto -.
- No vai tu che hai la faccia tosta -
Il terzo ragazzo non partecipava nemmeno alla diatriba, come se la cosa non lo riguardasse. Questo teatrino andò avanti fino alla nostra fermata; così, sconsolati, scendemmo e uscimmo dalla metro. Eravamo talmente presi a litigare sull'occasione perduta che non ci eravamo accorti 
che le ragazze erano scese con noi e si stavano dirigendo proprio alla vecchia bagnarola. 
Incredibile! Alloggiavano nella nostra stessa pensione. Non le avevamo mai notate perché erano arrivate quella stessa mattina. 
Nel salire le piccole scale tutti insieme fu inevitabile scambiare qualche parola e con un po’ di stupore costatammo che le ragazze erano italianissime. Non vi dirò mai i loro nomi e la regione di provenienza …  sono cose private che non devono interessarvi. 
Entrammo quasi subito in confidenza, scherzammo un po’ sulla vecchia e sull’aspetto della Pensione fino all'arrivo alle nostre rispettive camere, poi ci salutammo e ognuno per la sua strada.
Quella sera decidemmo di non uscire, eravamo troppo stanchi e ormai c’era aria di rientro, quindi optammo per rimanere a cazzeggiare in camera nostra fino a quando … fino a quando? Fino a quando … che volete? Ah già, volete sapere cosa successe dopo il “quando” … ecco, ad un tratto ci bussarono alla porta e indovinate un po’ chi c’era? La vecchia! Nooo, maniaci perversi! Ambivamo ad una francese ma non alla sorella di Napoleone! Erano le ragazze italiane che ci invitarono a salire in camera loro per scambiare due chiacchiere. 
Io dissi: - Perché no?-  Il mio amico secchione fu un po’ titubante, ma una ragazza lo prese per un braccio e lo tirò fuori dalla stanza, io non ebbi problemi, con la calma tipica di un uomo di mondo la seguii, il terzo ragazzo decise di rimanere in camera, era un tipo schivo, più maturo di noi o magari semplicemente un po’ timido. Lui! Ed io? Non vi nascondo però che il cuore mi batteva a mille e sinceramente non sapevo bene cosa fare … decisi di lasciarmi andare e seguire il mio istinto. 
Avevo ancora le cuffiette all'orecchio del mio inseparabile walkman quando ci accomodammo nel letto semi sdraiati, per intenderci a mo’ di cena dei patrizi romani. Cominciammo a parlare e a raccontarci la nostra vita come due vecchi amici. Non era una ragazza bellissima, non aveva particolari doti fisiche. Non era alta, non era bionda, non aveva gli occhi chiari e portava pure due occhialini rotondi alla Johan Lennon, insomma era la tipica ragazza normale che molto spesso veniva ignorata alle feste di fine anno. Però più ci parlavo, più la conoscevo e più la scoprivo interessante ed estremamente intelligente. Tra le altre cose parlammo naturalmente di musica. 
Mi fece qualche nome tipo: The doors, Led zeppeling ecc. poi mi chiese: 
- tu cosa ascolti? Cosa hai nel tuo walkman? – 
Quasi provando un po’ di imbarazzo risposi timidamente: 
- Venditti, precisamente “Centocittà” –
Mi fece capire chiaramente che il cantautore non era di suo gradimento e che quelle poche canzoni che conosceva non erano degne della sua attenzione. Allora feci una scommessa con lei, decisi di raccontargliele, come adesso sto facendo con voi. Decisi di spiegarle quello che percepivo dai testi di quelle canzoni, insomma decisi di raccontarle una favola. Tolsi la cuffia e azionai il viva voce (che oggetto avevo è?! Molto avanti) e decisi di partire da “Giulia”.
-Vedi in realtà Giulia non è una singola persona, ma due... due persone in una. 
La prima è una ragazza dolcissima estremamente femminile mentre l’altra è una femminista incallita. Naturalmente lui è innamorato follemente della bellissima bambina dagli occhiali sul naso, ma il suo amore è fronteggiato dalla Giulia forte, troppo forte anche per lui e questa figura alla fine la porterà lontano, con quella donna che parla di uomini e donne come solo lei sa -
Poi fu la volta di Marta; Sotto il segno dei pesci e Le tue mani su di me … già proprio così. 
Le tue mani su di me… è difficile chiamarlo amore.
Da quella notte ho cominciato ad avere la passione per i racconti, da quando sono riuscito ad emozionare una persona raccontando ed interpretando i testi di quelle canzoni. Venditti mi dovrebbe ringraziare per avergli consegnato una nuova fan molto difficile da conquistare. 
La canzone che vi propongo oggi è appunto Giulia, le immagini che vedete sotto sono riferite alla copertina dell’album, alla mia persona e a due ragazze immortalate per strada durante quella vacanza.
Bionde dai capelli di seta ... 
…. Che c’è?! Volete sapere cos'è successo quella notte? Che vi frega! Posso solo dirvi che quella persona la mattina seguente tornò nella mia stanza per salutarmi, Rimase abbracciata a me tutto il tempo fino alla partenza.  Fu questo strano legame che ci fece decidere di non scambiarci né foto, né indirizzo, né numero di telefono … quella notte sarebbe dovuta rimanere l’unico punto d’incontro tra le nostre vite…e così è stato, un incontro “unico” con la parte migliore di “Giulia”.






















TITOLO: Giulia
CANTANTE: Antonello Venditti
ANNO: 1985
CASA DISCOGRAFICA: Heinz Music
ALBUM: Centocittà

NOTE: tredicesimo album di Antonello, uscito come doppio LP con 17 brani, ridotti a 14 con il CD.






La particolarità di questo disco Live che non ho mai capito  è quella della registrazione. 
Mi spiego meglio: Ascoltandolo si evince chiaramente che il pubblico viaggia per cavoli propri, sembrerebbe quasi che il disco fosse stato inciso in due piste differenti e poi unite in maniera pessima! Il suono, la voce ... troppo pulito, senza sbavature, atipico per un concerto "passionale" come di solito è quello di Venditti. Mi sono sempre chiesto cosa avessero bevuto i produttori di questo album durante l'incisione. Mi sono quasi sentito preso in giro. Comunque se riuscite ad isolare il suono vero dal "rumore" del pubblico ... il risultato non è male.. peccato anche se l'impatto emozionale rimane abbastanza forte. 





giovedì 4 febbraio 2016

Quale allegria

Buongiorno amici,
oggi non ho una storia da raccontarvi, non ho niente da dirvi. Mi limito a farvi ascoltare una canzone. Attenzione, non è una semplice canzone, del resto cerco sempre di frugare nella discoteca della mia memoria per trovare una musica che sia appiccicata al francobollo di un mio ricordo e questa è molto appiccicata. Sapete cosa vi dico? Faccio un saltino fuori, ma non fisicamente, con la mia mente ... vediamo cosa succede: 
C'è confusione in centro, il carnevale è già iniziato. Sono vestito da DJ Pierrot, un DJ senza allegria. Credo di essere arrivato tardi, una striscia filante è appena caduta a terra in questa piazza ormai vuota. 
Anche l'ultimo bambino urlante se ne sta andando tirato a forza dal braccio teso di una mamma col pensiero ormai già ai fornelli. 
Odio il carnevale! Odio il dovermi divertire per forza, odio mascherare la mia faccia cercando di apparire ciò che non sono.
Non ha più senso che io stia qui, allora metto le mie mani in tasca e con opposta direzione mi dirigo verso casa. Quella casa dove mia madre giace sdraiata a fissare la Tv. Per fortuna che la sua mente ha preso un cammino solitario verso l'ignoto, dico finalmente perché stanno trasmettendo "uomini e donne"... perciò poverina è inconsapevole di tutto quello che le passa davanti. 
Mamma! Vorrei tanto che tra qualche minuto ti ricordassi che sono passato a trovarti, vorrei che le mie stupide battute ti lasciassero un soffio di ricordo ... vorrei che non mi ripetessi ogni 3 minuti che hai il portafoglio vuoto: - A che ti servono i soldi Ma? Lo sai che se esci da quella porta c'è il mondo reale? Un mondo strano, confuso, un mondo di luminosa follia. Questo stesso mondo che ti riempie di medicine non si rende conto che il malato è lui. Non ci sono più cani che pisciano sugli angoli delle strade, non ci sono più venditori di fiori, nessuno più ti sorride dietro un banco di frutta. 
Mamma, rimani dove sei, resta nel tuo mondo dove tuo figlio è ancora un ragazzino biondo pieno di riccioli che insegue una palla gialla; dove i tuoi cari sono intorno a te in un tavolo imbandito a sbucciare mandarini; dove tuo padre tiene in braccio tua figlia accarezzandole i lunghi capelli neri. Rimani nel tuo mondo Ma! Magari domani quando busserò di nuovo alla tua porta sarò contento di vedere lo stupore del tuo sguardo, lo stesso stupore di quel giorno all'arrivo dalla mia prima licenza militare!
Mamma, tu sei il mio specchio più bello perché quando ti guardo i tuoi occhi riflettono la parte migliore di me ... la mia infanzia! 
EhI ... NOOOO! Basta cosi, non volevo scrivere nulla, non volevo raccontare niente! Non posso fidarmi della mia mente, quando la faccio uscire da sola va sempre dove non dovrebbe andare. 
Scusate amici di Radio Poggiolo, vi prometto che la prossima volta che ci sentiamo scriverò una storia migliore.
Nella foto: io (con il mio inseparabile pallone giallo), mia mamma e mia sorella.

Ciao e buon ascolto
Paolo



TITOLO: Quale allegria
CANTANTE: Lucio Dalla
ANNO: 1977
ALBUM: com'è profondo il mare
CASA DISCOGRAFICA: RCA Italiana
NOTE: E' il primo disco dove Dalla è anche autore dei testi.
Tra i musicisti che hanno collaborato alla realizzazione dell'album compare anche un certo Rosalino Cellamare, volgarmente chiamato RON.




https://www.youtube.com/watch?v=y1UdAGcNAIg